Litiasi Del Pancreas
La Pancreatite Cronica Calcificante (PCC) è una malattia con una prevalenza variabile di 40-70 casi su 100.000 abitanti (0.04-0.07%) e con un’incidenza di 3,5-10 casi ogni anno (0.03-0.01%) che nel 75-80% colpisce il sesso maschile.
A seconda della loro etiologia le Pancreatiti Croniche possono essere classificate in:
- Alcoliche (rappresentano oltre il 90% dei casi); età media di insorgenza 38 anni
- Nutrizionali (Tropicali); età media 22 anni
- Da Iperparatiroidismo (Ipercalcemiche)
- Autoimmuni; età media 59 anni
- Ereditarie; età media 15 anni, da mutazione del cromosoma 7q35 che porta ad un’auto attivazione del tripsinogeno cationico (PRSS1)
- Da stenosi dei dotti pancreatici (Ostruttive)
- Idiopatiche
- Da fibrosi cistica per mutazioni del gene CTFR: Cystic Fibrosis Transmembrane Regulator (Fibrosi Cistica)
Mutazioni genetiche, in particolare la N34S del gene di Kazal tipo 1 (inibitore della serino-peptidasi responsabile dell’inattivazione della tripsina attivata prematuramente nei dotti pancreatici dai granuli di zimogeno) sono state trovate, in percentuali variabili, nelle pancreatiti croniche idiopatiche, in quelle nutrizionali e nelle alcoliche.
Il nome di Pancreatite Cronica Calcificante è stato proposto dalla Scuola di Marsiglia in quanto, in questa malattia, si formano precipitati proteici (plugs) all’interno dei dotti della ghiandola che, con il tempo, tendono a calcificare divenendo veri e propri calcoli duttali.
Queste formazioni litiasiche (secondo la Teoria “Ostruttiva” del Prof. Sarles) mandano in atrofia l’epitelio dei dotti che viene sostituito da un tessuto di reazione connettivale periduttale. Questo causa stenosi dei dotti stessi con conseguente loro dilatazione a monte dove il parenchima ghiandolare va in atrofia e viene sostituito da una fibrosi. Per quanto riguarda la forma più comune di pancreatite cronica, quella alcolica, è stato di recente chiamato in causa, con la Teoria della “necrosi-fibrosi”, lo stress ossidativo alcool-indotto sulle cellule acinari. Questo causerebbe un‘infiammazione ed una necrosi delle cellule provocando un’attivazione delle cellule stellate pancreatiche produttrici di tessuto fibroso.
La sintomatologia precoce è caratterizzata dal dolore che, soprattutto nelle fasi iniziali della malattia, si può associare ad episodi ricorrenti di pancreatite acuta ma che, con l’instaurarsi della fibrosi, va sempre più diminuendo d’intensità fino a scomparire anche del tutto. Questo è un dolore di tipo crampiforme, continuo, localizzato all’epigastrio, agli ipocondri e posteriormente alla colonna vertebrale che insorge in genere dopo i pasti. Nonostante si ritenga sia dovuto ad un’etiologia multifattoriale, in gran parte è verosimilmente provocato dalla dilatazione acuta dei dotti pancreatici causata dall’aumento della pressione all’interno di essi. Questo aumento pressorio è dovuto all’ostacolato deflusso della secrezione della ghiandola causato dalle ostruzioni litiasiche e dalle stenosi dei dotti. Il fatto che la dilatazione acuta dei dotti susciti dolore ci viene insegnato dall’esperienza clinica quando, eseguendo una Pancreatografia Retrograda Endoscopica, il mezzo di contrasto viene iniettato troppo rapidamente o troppo bruscamente. Ciò spiegherebbe anche l’insorgenza del dolore dopo i pasti: quando inizia la secrezione della ghiandola pancreatica, questa provoca un aumento pressorio con conseguente dilatazione delle vie escretrici.
Come avviene nell’apparato urinario quando un calcolo che ostruisce l’uretere, provocandone una dilatazione a monte, causa nel tempo un’atrofia del rene, così l’aumento della pressione nei dotti pancreatici provoca un’atrofia della ghiandola.
Altri sintomi più tardivi sono il dimagrimento, il malassorbimento ed il diabete. Il dimagrimento è dovuto ad una scarsa disponibilità dei pazienti nei confronti del cibo. Infatti, la paura di soffrire dolori ogni qualvolta assumono un pasto, li fa desistere dall’alimentarsi in modo adeguato.
Il dimagrimento pertanto non è dovuto ad un malassorbimento bensì ad una malnutrizione. La perdita di peso causata dal malassorbimento si ha solo nelle fasi tardive della malattia quando la ghiandola pancreatica, che lavora con una grande riserva funzionale, va incontro ad un’atrofia che interessa oltre il 90% del suo parenchima.
La terapia a base di enzimi pancreatici, nelle fasi precoci della malattia, viene prescritta non al fine di evitare il malassorbimento ma con il solo scopo di alleviare i dolori. Infatti gli enzimi, distruggendo un fattore descritto da Owyang e prodotto dalle cellule intestinali che stimola la secrezione pancreatica attraverso il release di Colecistochinina (CCK-RF), riescono a diminuire la secrezione della ghiandola e di conseguenza la pressione all’interno dei dotti. Infatti nella pancreatite cronica, la ridotta quantità di enzimi proteolitici secreti nell’intestino non riesce ad idrolizzare il CCK-RF con conseguente ipercolecistochininemia, aumento della secrezione pancreatica, dilatazione dei dotti e dolore.
Solo nelle fasi tardive della pancreatite cronica questi enzimi vengono somministrati al fine di evitare un malassorbimento.
Sul presupposto che il dolore fosse provocato dalla dilatazione acuta dei dotti, alla fine degli anni ’70 iniziarono i primi tentativi di effettuare Sfinterotomie Pancreatiche Endoscopiche al fine di rimuovere i calcoli dal dotto di Wirsung e/o di introdurre in esso stent che, bypassando gli ostacoli litiasici, assicuravano un drenaggio più facilitato.
Queste manovre endoscopiche a volte però erano troppo indaginose o impossibili da effettuare per la presenza di calcoli di dimensioni troppo grandi o integrati nella parete del dotto o situati a monte di una stenosi. Fu allora che si pensò di ricorrere all’ausilio della Litotrissia Extracorporea con onde d’urto. I primi risultati furono riportati nel 1987 da Sauerbruch e nel 1988 da Crermer. La procedura anche da noi seguita utilizzando un Litotritore a puntamento ecografico con sonda in-line in tempo reale, consiste nell’effettuare dapprima una Sfinterotomia Endoscopica del pancreas e, a seguire, uno o più interventi di Litotrissia Extracorporea con onde d’urto. Quando i frammenti non riescono ad essere espulsi spontaneamente si ricorrerà ad interventi di endoscopia supplementari al fine di estrarli attraverso l’incannulazione del dotto di Wirsung con un cestello (Dormia basket) o con un catetere a palloncino di Fogarty.
L’efficacia delle due metodiche combinate ha dato ottimi risultati. La frammentazione dei calcoli, ottenuta nel 100% dei casi, è stata sempre seguita da una remissione della sintomatologia dolorosa; la completa clearance del dotto di Wirsung è stata raggiunta nel 74% dei casi e, nei mesi seguenti, l’84% dei pazienti ha avuto un significativo aumento del peso corporeo.
Gli effetti benefici della decompressione del dotto di Wirsung non solo eliminavano i dolori postprandiali a questi pazienti che finalmente potevano alimentarsi normalmente ma verosimilmente ritardavano anche il processo di atrofia della ghiandola pancreatica che, con il passare degli anni, avrebbe condotto quasi inevitabilmente ad un malassorbimento e/o ad un diabete.